ANDAR PER MINIERE

 
 

A spasso nel cuore della terra

Alla scoperta delle antiche miniere, patrimonio della Valdicecina

Da secoli la ricchezza mineraria della Valdicecina è conosciuta e valorizzata dagli uomini.
Spiccano le testimonianze dell’utilizzazione del sottosuolo dall’antichità più remota: qui si estraevano salgemma, rame e alabastro già al tempo degli Etruschi.
Una ricchezza di lavoro e cultura che oggi si svela, grazie al sapiente recupero degli antichi cunicoli, ai percorsi e al museo dedicato.

MINERALOGIA E ATTIVITÀ MINERARIE

La grande varietà delle mineralizzazioni presenti nel territorio della Valdicecina è legata, essenzialmente a tre elementi fondamentali:
1. Presenza delle rocce ofiolitiche, alla quale è legata l’abbondanza di rame, magnesite, calcedonio, manganese.
2. Successione evaporitica (rocce formate in seguito ad evaporazione e quindi prosciugamento di bacini lacustri o marini) legata alla fase geologica del “Lago-Mare” del miocene che ha garantito la formazione di salgemma e alabastro.
3. Fenomeni endogeni legati ad un intrusione di magma superficiale nell’area geotermica.

Occorre iniziare con una considerazione generale: la Valdicecina, dal punto di vista dei minerali metalliferi, è stata descritta come “ricca di giacimenti poveri”, descrizione che, ad esclusione del salgemma, ricalca bene la situazione reale. La estrema varietà di rocce e minerali ha fatto si che con molta probabilità, già gli Etruschi sfruttassero le risorse minerarie della Valdicecina. Testimonianze certe risalgono al 974: dagli archivi storici si risale all’estrazione del salgemma e al processo di evaporazione condotto in appositi capanni per mezzo di caldaie in piombo, nell’insieme le “Saline per ottenere, tramite la loro evaporazione, il sale”. Con i Medici, si attiva un prolifico processo di indagini per la ricerca di rame: da qui si riapre la storia delle attività estrattive condotta fino ai giorni nostri da personaggi ben noti del calibro di Larderel.

Per quanto riguarda il rame, l’unico centro di estrazione veramente importante è stata in passato la miniera di Caporciano a Montecatini Val di Cecina. Giacimento già noto in epoca etrusca, ha visto una prima fase di estrazione tra il 1562 e il 1630 con Cosimo I; in seguito la coltivazione è ripresa con successo solo nel 1827, fino a far diventare Montecatini la più grande miniera di rame in Europa. I lavori sono stati sospesi nel 1907 fino alla definitiva dismissione del 1963, dovuta all’esaurimento del giacimento. Altre miniere, con minor fortuna, sono state realizzate in tutta l’area della Valdicecina laddove sono stati individuati particolari contatti con Le ofioliti: Miniere di rame di Monterufoli, Micciano, Miemo, miniera di rame di Montecastelli, Rogheta, sono solo alcuni dei siti interessati, in passato da attività estrattiva.

Tra i minerali che hanno rappresentato una risorsa in passato troviamo innanzi tutto la magnesite: si tratta di un minerale generalmente associato alle serpentiniti, impiegato per la produzione di materiali refrattari o, in alternativa, come pietra ornamentale, conosciuta comunemente come “onice”. In Valdicecina giacimenti si trovano presso Poggio Castiglione vicino Canneto, San Dalmazio, Monterufoli e Miemo.
Associate alle magnesiti si trovano mineralizzazioni a calcedonio e opale che hanno una rilevanza come pietre ornamentali: le cave di calcedonio di Monterufoli-Caselli, hanno prodotto minerali che colorati, sono stati utilizzati moltissimo nella Firenze medicea, dall’Opificio delle Pietre Dure.
I sedimenti lacustri del miocene Superiore (sedimenti formati all’interno di laghi), hanno garantito, in passato, l’estrazione della lignite, usata prevalentemente come combustibile fossile: lungo il Torrente Ritasso nella Riserva Naturale di Monterufoli-Caselli, sono ancora visibili le tracce della ferrovia che univa, fino al 1928, Casino di Terra con la stazione di Villetta di Monterufoli sede di carico della miniera di lignite di Villetta e attualmente sede della omonima fattoria.

Ma la ricchezza più evidente, tuttora ampiamente sfruttata, è data dagli ammassi di salgemma, la cui origine risale alla fase di ”Lago-Mare” del miocene. Le condizioni favorevoli al deposito dei gessi alabastrini (Alabastro) e successivamente del sale si sono verificate tra i 6 e i 7 milioni di anni fa durante il messiniano, in un contesto ambientale caratterizzato da bacini marini marginali in precaria comunicazione con il mare aperto, ove pertanto il tasso salino poteva andare soggetto a notevoli innalzamenti, tali da favorire non solo il deposito dei gessi, ma anche quello del salgemma in bacini probabilmente ultramarginali. Il salgemma si trova in masse amigdalari, così definite per la loro particolare forma, all’interno di argille scure, intercalate con sabbie e marne. I principali giacimenti sono situati in prossimità di Saline di Volterra, Ponteginori, Buriano e Querceto. Gli usi vanno da quello prettamente alimentare, grazie alla alta qualità del sale estratto, fino allo sfruttamento come materia prima industriale per la produzione del carbonato di sodio.

Legato alla presenza dei depositi di gesso della successione evaporitica, è anche quindi l’alabastro, un solfato di calcio bi-idrato. Viene tuttora usato principalmente per scopi ornamentali: la sua facilità di lavorazione ne ha fatto un oggetto di estrazione fin dai tempi degli Etruschi e l’artigianato volterrano si è reso famoso in tutto il mondo . Oggi rimane aperta solo una cava ma numerosi sono ancora i laboratori attivi.

INSEDIAMENTI INDUSTRIALI STORICI

Oggi il territorio della Valdicecina è una delle aree meno densamente abitate e industrializzate della Toscana.
Ma la Valdicecina dalla seconda metà del Settecento fino ai primi decenni del secolo scorso ha avuto un forte impulso industriale, testimoniato dai resti di miniere, fabbriche e infrastrutture di vario genere. Infatti questa zona è sempre stata una delle più ricche di giacimenti di minerali, sfruttati fin dall’epoca etrusca.
Alcuni di questi stabilimenti furono costruiti fra la fine del ‘700 e l’800, come quello per la lavorazione del sale di Saline di Volterra o quelli per lo sfruttamento dei bacini geotermici di Larderello.

La caratteristica principale delle fabbriche di quel periodo, specialmente quelle costruite in zone lontane dalle città, era quella di realizzare non soltanto gli edifici destinati alle attività produttive, ma anche strutture per l’amministrazione e le abitazioni degli operai e dei tecnici. Lo scopo era quello di garantire una migliore qualità della vita e una maggiore produttività degli operai e pertanto, in quegli anni, le autorità o i proprietari costruivano anche chiese e scuole destinati ai lavoratori e ai propri familiari.

Fu in questo modo che nacquero i centri abitati di Larderello e Saline di Volterra, che oggi hanno dimensioni rilevanti e dove ormai gli abitanti non vivono più solo del lavoro nelle industrie. Esistono anche altri villaggi industriali di dimensioni più piccole, come ad esempio Ponteginori e Lagoni Rossi, costruiti in epoca più recente e ad una certa distanza dalle fabbriche vere e proprie.
Un insediamento molto particolare, che però non può essere considerato industriale, è quello dell’ex ospedale psichiatrico di Volterra, un grande complesso ospedaliero formato da decine di edifici situato alla periferia della città; venne realizzato a partire dalla fine dell’Ottocento ma la maggior parte dei padiglioni sono databili alla prima metà del secolo successivo.
In questo ospedale trovavano posto migliaia di malati ed infermieri e, per un certo periodo di tempo, fu quasi autosufficiente, in quanto disponeva di aziende agricole nelle campagne volterrane in cui i malati lavoravano e la cui produzione sostentava una parte dell’ospedale.

Le miniere della Valdicecina

Una terra ricca di giacimenti “poveri”

Giacimenti di Salgemma a Saline di Volterra

Miniera di Caporciano

Miniere di Lignite a Villetta

Miniera di Montecastelli

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